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Disciplina Arbitrato e principali Differenze con Arbitraggio (Art. 806 -840 c.p.c. - Libro IV - Titolo VIII)

18/12/2020
Dopo aver affrontato il tema della mediazione, sia nelle controversie Civili e Commerciali che nel Diritto Sportivo, ora mi accingo ad affrontare un’altro argomento particolarmente interessante inerente ad un’ulteriore argomento che richiede un’analisi mirata.

Sto riferendomi , e prestando attenzione, alla disciplina dell’arbitrato (nelle varie forme adottato) ed alle principali differenze che ci sono con l’arbitraggio (altro Istituto particolare, come lo sono state la media-conciliazione la negoziazione assistita e l’arbitrato sopra citato!).

Nel Nostro Ordinamento Giuridico esistono varie tipologie di Arbitrato.
Prima di tutto, però, è opportuno spiegare cos’è l’Arbitrato
per arrivare, poi, a cercare di spiegare sinteticamente le differenze salienti tra le principali forme, più utilizzate .

Iniziamo,quindi, a spiegare cosa s’intende con detto termine .

Tale termine deriva dal latino arbitratus, lett. “giudizio”, ed è un metodo alternativo di risoluzione delle controversie (cioè senza ricorso ad un procedimento giudiziario), che consiste nell'affidamento a uno o più soggetti terzi (gli arbitri) dell'incarico di risolvere una controversia, mediante una decisione (il lodo) che sarà vincolante per le parti e suscettibile di essere eseguita, anche in via forzata.

L’'istituto dell'arbitrato è previsto dal Codice di Procedura Civile (libro IV, titolo VIII, artt. 806-840).

Ai sensi dell'art. 806, co. 1, cod. proc. civ., "Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili, salvo espresso divieto di legge". Il secondo comma del medesimo articolo specifica poi che "Le controversie di cui all'art. 409 cod. proc. civ.", ossia quelle per le quali trova applicazione il cosiddetto rito del lavoro, "possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla legge o nei contratti o accordi collettivi di lavoro".
L’'accordo con il quale le parti convengono di deferire agli arbitri la decisione della controversia (convenzione di arbitrato) viene denominato compromesso, se concluso a controversia già insorta (art. 807 cod. proc. civ.) oppure clausola compromissoria, se concluso per risolvere una possibile controversia futura in materia contrattuale (art. 808 cod. proc. civ.). È inoltre possibile concludere una convenzione di arbitrato per risolvere possibili controversie future in materia extracontrattuale, purché siano determinati i rapporti da cui possono sorgere (art. 808/bis cod. proc. civ.).
La decisione pronunciata dagli arbitri, denominata lodo, produce gli stessi effetti della sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria (art. 824/bis cod. proc. civ.), con la sola eccezione dell'efficacia esecutiva.
Per eseguire il lodo in Italia è infatti necessario che esso venga dichiarato esecutivo dal Tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato nel cui ambito è stato pronunciato (art. 825 cod. proc. civ.).
Esiste però un altro tipo di arbitrato, denominato irrituale, che si conclude con un lodo che, in deroga a quanto previsto dall'art. 824/bis cod. proc. civ., ha gli effetti di una determinazione contrattuale e come tale è annullabile, al ricorrere dei vizi previsti dalla legge, nell'ambito di un procedimento ordinario di cognizione promosso avanti il giudice statale (art. 808/ter cod. proc. civ.).
Il lodo rituale, invece, è soggetto ai mezzi di gravame dell'impugnazione per nullità, della revocazione e dell'opposizione di terzo.

L’'arbitrato può essere classificato secondo vari criteri. Una prima grande classificazione si rinviene avendo riguardo all'efficacia del provvedimento (il lodo) con il quale si conclude il procedimento arbitrale.
Invero, se il lodo è destinato a produrre gli effetti propri della sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria, si parla di arbitrato rituale. Ove invece il lodo abbia efficacia meramente negoziale, l'arbitrato sarà irrituale.
Inoltre l'arbitrato viene distinto in arbitrato secondo diritto o arbitrato in equità, a seconda che gli arbitri giudichino durante il procedimento secondo le norme sostanziali di un certo ordinamento giuridico o secondo criteri equitativi.

Un'ulteriore distinzione può essere fatta tra arbitrato interno ed arbitrato internazionale. L’'arbitrato internazionale, più precisamente detto arbitrato commerciale internazionale, al fine di non confonderlo con l'arbitrato tra Stati, riguarda quelle controversie che hanno un particolare carattere di transnazionalità; ad esempio tra parti una italiana e l'altra straniera, oppure quando l'oggetto della controversia sottoposta ad arbitrato sia inerente al diritto del commercio internazionale.

Possiamo ora che abbiamo spiegato cosa s’intende col termine arbitrato ed in quali forme esso sia attuabile, all’interno del Nostro Ordinamento,passare a definire cosa s’intende con il termine arbitraggio e dove esso trovi applicabilità e analizzare quali differenze si possano riscontrare fra lo stesso (arbitraggio) ed in particolare l’arbitrato irrituale.

Per prima cosa è opportuno chiarire prima di tutto quanto è facilmente riscontrabile da una recente sentenza del Tribunale Catania n. 36 del 9.1.03 .
Per pervenire alla decisione – risolvendo le eccezioni processuali e sostanziali sollevate dalle parti – il giudice dovette stabilire se l’attività posta in essere dall’arbitro fosse riconducibile alla fattispecie dell’arbitraggio o dell’arbitrato rituale.
Aspetto significativo venne rappresentato dalla tendenziale evaporazione della distinzione tra arbitrato rituale ed irrituale.

Il giudice ritenne di dover premettere che i più recenti arresti giurisprudenziali tendono a svalutare le differenze tra le figure dell’arbitrato rituale ed irrituale.
E’ noto, infatti, che, secondo l’insegnamento tradizionale, la distinzione tra le due figure di arbitrato risiederebbe in ciò, che l’arbitrato rituale avrebbe natura sostanzialmente giurisdizionale e quello irrituale, invece, natura negoziale.

Tuttavia, a partire da Cass., Sez. Un. 2000, n 527, si è assistito ad un ripensamento di tale tradizionale distinzione e si è affermato che anche l’arbitrato rituale, al pari di quello irrituale, va ricondotto all’attività negoziale delle parti.

Concludendo possiamo, quindi, dire che le più immediate ed evidenti ricadute applicative del nuovo orientamento riguardano la qualificazione dell’eccezione di arbitrato e l’ammissibilità della tutelare cautelare ante causam in presenza di clausola per arbitrato irrituale.

Per un’analisi maggiormente approfondita è necessario fare un’analisi mirata relativamente all’individuazione dei i criteri distintivi tra l’Arbitrato irrituale, arbitraggio e la perizia contrattuale.
La stessa sentenza in esame si colloca nel solco dell’insegnamento dottrinario e giurisprudenziale circa i caratteri distintivi tra arbitrato libero (o irrituale) ed arbitraggio.

E’ facilmente rilevabile,perciò,che quest’ultimo ha la sua fonte normativa nella previsione generale dell’art. 1349 c.c. in tema di determinazione dell’oggetto del contratto, norma questa alla quale fa puntuale riscontro l’art. 1473 c.c. in tema di vendita.

In conclusione si può riportare quanto previsto nella sentenza esaminata.
Ciò è dimostrabile dal presupposto che : “l’istituto in esame si iscrive nel quadro dei rapporti tra l’autonomia privata e le fonti determinative esterne del regolamento negoziale.
Più in particolare, l’arbitraggio costituisce lo strumento, vincolante per le parti che lo hanno attivato, di determinazione di un elemento mancante del contratto”.

L’arbitraggio presuppone, quindi, un rapporto contrattuale incompleto, perché mancante di un elemento essenziale.
L’arbitrato, invece, presuppone un rapporto perfetto in tutti i suoi elementi ma controverso (cfr. sentenza relativa a differenze tra arbitraggio e arbitrato irrituale).