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E-sports: trust, business e doping

19/01/2022
Definizione di Trust
Il Trust, “fiducia” in lingua inglese, è un rapporto giuridico istituito da un disponente che afferisce beni e diritti posti sotto il controllo di un fiduciario (trustee) nell’interesse di beneficiari o per realizzare uno scopo. Soggetti necessari sono il disponente, il trustee (gestore giuridico, con o senza compenso) e i beneficiari (individuati o comunque individuabili). Il guardiano è una figura eventuale tranne in alcuni tipi di trust.

Per effetto di un trust validamente istituito si forma un patrimonio segregato, insensibile alle vicende personali e patrimoniali del disponente e del trustee. La destinazione patrimoniale, se genuina, prevale sulle ragioni dei creditori di data posteriore. 

Un esempio di Trust lo troviamo in ambito sportivo con il caso della Salernitana dove l’attuale presidente della S.S. Lazio, essendo presidente contemporaneamente delle due Società calcistiche, la Lazio e la Salernitana (n.d.r.), non volendo cedere quest’ultima chiedeva alla Federazione Gioco Calcio di istituire attraverso un Fondo Patrimonale un Trust. Ciò perché lo stesso presidente non voleva perdere gli introiti derivanti dalle attività delle due Società dovendo rinunciare, a seguito di conflitto d’interessi non ammesso da parte della F.I.G.C.,a rivestire oltre ai vari ruoli e incarichi già rivestiti all’interno della Federazione anche a quello di Presidente di quest’ultima Società. Per la Federcalcio il trust approntato da Lotito e Mezzaroma per uscire dal vicolo cieco della doppia proprietà - Lazio e Salernitana - in serie A, non va bene. O meglio, così non va bene. I punti critici sono almeno tre, ma ci sono due parole chiave che hanno provocato la decisione: mancata indipendenza. 

Uno scenario che renderebbe inevitabile un rapporto di “dipendenza economica” fra i due trustee e la vecchia proprietà. Non è realistico, per i legali incaricati di stilare la relazione, pensare che la sola rata dei diritti televisivi possa garantire l’autonomia necessaria per i sei mesi previsti per trovare un compratore. Nella relazione si legge quindi che “in virtù del processo di scelta delle persone componenti del trust e delle regole previste nella gestione dello stesso” si ritiene che la soluzione prospettata “non sia un vero e proprio ‘blind trust’. È che “non è stata assicurata indipendenza economica al trust rispetto alle società disponenti”. 

Business negli e-sport
Altro punto su cui pongo una particolare attenzione è quello inerente ad un altro aspetto interessante relativo al settore ovvero il c.d. “Business degli e-sport". 

Gli e-sport hanno creato un grosso giro d’affari, quasi si può dire per alcuni aspetti, pari (o addirrittura secondo analisi ben approfondite superiore per certi versi) a quello dello Sport fisico e individuale – professioniostico. Tale situazione è emersa da alcuni studi effettuati, soprattutto negli ultimi anni da alcuni grandi Studi professionistici.

Secondo alcuni studi nel 2019 il settore degli sport elettronici a livello globale valeva già un miliardo di dollari (+26% rispetto al 2018, secondo le stime Newzoo), e nel 2021 si prevede raggiungerà quota 1,7 miliardi. 

L'e-sport come semplice videogioco, l'attrattività solo per un pubblico giovanissimo e l'inutilità per la formazione di ragazzi e ragazze sono solo alcuni dei falsi miti che ancora troppo spesso vengono associati a questo settore. "All'interno di un filone che esiste da anni, si è intrapresa la strada di entrare nelle scuole e andare oltre la competizione", ha aggiunto Tucci. "La stessa Social Media Soccer è una startup di questo mondo, e come organizzatori di un evento che coinvolge gli esport (il Social Football Summit) possiamo dire che se tutto il settore si espande avremo nuove opportunità anzitutto per imprese e aziende innovative. Ma il fenomeno deve crescere nel modo giusto". 

Se oggi la parte più importante dell'entertainment sono i videogiochi, che valgono 150 miliardi di dollari l'anno, l'e-sport è poco più dell'1% di questo mercato. Ma, guardando ai ricavi pro capite per fruitori e spettatori dell'esport, si nota subito che è un mondo assolutamente sottosviluppato. "La crescita è a doppia cifra, molto di più rispetto agli sport tradizionali. Ma il futuro dell'esport non deve essere basato sulla compravendita dei giocatori, che farebbe ricadere sul modello dello sport tradizionale", ha concluso Sacripante. "I brand, infatti, investono sull'esport proprio perché genera valore dove gli sport tradizionali sono ancora carenti". 

"L'80% del fatturato esport deriva da sponsorizzazioni o dalle prime forme di gestione dei diritti televisivi e mediatici", ha spiegato Cisaria. "E ogni anno l'audience cresce di oltre il 10% su scala globale". Con l’obiettivo di portare in Italia competitività e innovazione nell'esport, Cisaria ha messo in piedi una squadra di manager e giocatori con oltre dieci anni di esperienza in sport, gare ed eventi per giocare videogiochi a livello competitivo, organizzato e professionistico. 

Un dato su tutti fotografa l’ampiezza del trend nel nostro Paese: gli appassionati italiani di e-sports e gaming sono 6 milioni, di cui il 37% è donna. Numeri che portano l’Italia al quarto posto in Europa per fanbase. 

Questi e altri dati sono contenuti nell’E-sports Business Report: la ricerca globale dell’Osservatorio Italiano Esports che raccoglie i dati di marketing dei primi sei mesi del 2021 sul mercato e il pubblico degli appassionati. Le informazioni del Report rappresentano il meglio dei dati condivisi dall’OIES attraverso il suo Centro Studi, e quelli più aggiornati disponibili sul mercato. Si riferiscono infatti ai primi sei mesi del 2021. Grazie all’Esports Business Report, per la prima volta vengono raccolti in un’unica ricerca le informazioni determinanti per comprendere il business degli eSports. 

I dati sono frutto delle analisi psicografiche, comportamentali e di scenario del target esportivo italiano di Yougov, KPI e SOPRISM, società di ricerca monitoring partner dell’OIES.  Dall’Esports Business Report si evince che il pubblico degli e-sports in Italia dimostra un’attitudine positiva verso la pubblicità e le sponsorizzazioni. In relazione a questo, emerge una disponibilità generale degli utenti nel lasciare i propri dati, per ricevere newsletter e materiali promozionali come sconti per servizi o prodotti. 

All’interno del Report si trova l’analisi del pubblico e-sports, che si divide tra Hardcore gamers ed Esports fans. Anche se appassionati di videogiochi, questo pubblico segue lo sport tradizionale, con spiccato interesse verso gli sport considerati di nicchia. 

Dai dati emergono anche i titoli più giocati dagli italiani. Al primo posto c’è FIFA, che porta con sé anche il coinvolgimento verso i suoi relativi tornei virtuali, la eSerie A e la eWorld Cup. Le quattro posizioni successive vedono l’affermazione di Call of Duty, Formula 1, Fortnite e Pokémon.

Una passione, quella per gli sport virtuali, talmente coinvolgente che, grazie l’analisi delle conversazioni online realizzata da KPI6, risulta un engagement rate medio del 20,8%, valore difficilmente registrabile in altri settori. Ciò è rinforzato poi da tono delle conversazioni online altamente favorevole, con sentiment positivo alto del 74%. 

Dall’E-sports Business Report le aziende possono conoscere anche chi sono gli operatori con la migliore reputazione. Sempre sulla base del lavoro condotto da KPI6 emerge che tra i team più apprezzati ci sono Qlash, Reply Totem e Mkers. Gli eSports fan non sono solo giocatori, ma anche spettatori e amano la piattaforma Twitch. Ed è proprio grazie alla ricerca di SOPRISM, che emergono i gusti e le attitudini degli utenti. 

L’analisi psicografica disegna i tre profili predominanti nei consumatori di Twitch: l’attivista attento alla propria immagine, l’ambientalista economicamente autonomo e lo stakanovista amante degli animali. Profili che confermano gli argomenti e le tematiche oggetto di discussione: universo eSports e tecnologia così come questioni di carattere sociale legate alla sostenibilità ambientale, alla LGBT+ Community e alla parità sociale. 

Considerando l'impatto diretto, ossia collegato all'occupazione nel settore, il 65% (20,4 milioni di euro) viene realizzato dai team esports, seguiti dagli organizzatori con il 16% (5,1 milioni) e dai publisher con il 4% (1,1 milioni). Il restante 15% (5 milioni di euro) deriva da società che, per esempio, forniscono sale dedicate oppure produttori hardware, sviluppatori e altri. 

Sono invece i publisher a contribuire maggiormente all’impatto economico indiretto, generato da tutte le spese correlate al mondo degli esport, con un peso dell’80% (circa 12 milioni di euro) sul totale. L’11% è da attribuire ai team, il 7% agli organizzatori e il rimanente 2% ad altre società. A vario titolo, le principali categorie di spesa possono riguardare dal marketing ai viaggi e alloggi, dal personale esterno all'acquisto o noleggio degli strumenti, fino all'ambito finanziario, amministrativo e legale. 

L'indagine, integrata con dati elaborati da Nielsen Sports, è stata condotta fra team, organizzatori, publisher e altri operatori. Il ritratto del settore è quello di un nuovo medium e di una piattaforma di intrattenimento con maggiori capacità di coinvolgere gli utenti rispetto ai media tradizionali. Gli esport offrono, secondo gli operatori interpellati dalla ricerca, opportunità di sponsorizzazione attrattive anche per brand non endemici, cioè esterni a questo comparto, e la possibilità di creare nuove competenze specialistiche nonché opportunità professionali.

Tra gli ostacoli vi sono invece l’assenza di incentivi o agevolazioni economiche da parte delle istituzioni, la difficoltà nel reperire figure già pronte con competenze verticali e il gap tecnologico a livello di infrastrutture e di rete tra le varie aree del Paese.

Infine, si può concludere, dicendo che un settore caratterizzato dall'elevata produttività delle sue risorse, secondo Tommaso Mattei, consulente responsabile per l'Europa di Nielsen Sports & Entertainment: “Considerando anche la continua crescita della fanbase, è sempre più urgente riuscire a definire una strada comune insieme a istituzioni e privati per superare le criticità di tipo tecnologico e regolamentare che ne frenano l'ulteriore sviluppo industriale e occupazionale”. 

Il doping e gli e-sport
Altro aspetto e quesito che mi pongo e su cui vi invito a porre particolare attenzione è il seguente: “è possibile che anche nel  settore degli e-sport si possano avere casi di dopping?”. A mio parere la risposta è si!! 

Il motivo è semplice in quanto se è vero che negli sport individuali classici per evitare cali di concentrazione i singoli soggetti sono predisposti a mantenere viva l’attenzione e la concentrazione attraverso l’uso di sostanze ammesse o vietate dal Nostro ordinamento dato che nei videogames è richiesta, soprattutto se l’attività viene svolta a livello agonistico, una concentarzione a volte superiore a quella prevista  e usata nell’agonismo tradizionale ecco allora spiegata la possibilità oltre che l’esigenza dei singoli giocatori di dover ricorrere all’uso di farmaci o para farmaci che contengono ad esempio: anabolizzanti, nandosterone,ecc. al fine di evitare cali di concentrazione e di stress che potrebbero comportare una sconfitta dovuta proprio a cali psicofisici di attenzione.