Il PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ammonta complessivamente a 235,12 miliardi di euro, per la prima missione dedicata a “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura” sono stanziati 49,86 miliardi: ecco tutti i dettagli
Il PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ammonta complessivamente a 235,12 miliardi di euro, per la prima missione dedicata a “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura” sono stanziati 49,86 miliardi
Il PNRR – Piano nazionale di ripresa e resilienza, rappresenta un’opportunità imperdibile di sviluppo, investimenti e riforme il cui scopo è quello di riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo rimuovendo gli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana negli ultimi decenni. L’Italia è la prima beneficiaria in Europa dei due strumenti del piano NextGeneration UE: il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF) e il Pacchetto di assistenza alla Ripresa per la Coesione e i Territori di Europa (REACT-EU). Il solo RRF garantisce risorse per 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021-2026, delle quali 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto. Il Presidente Mario Draghi ha confermato che l’Italia intende utilizzare appieno la disponibilità di finanziamenti tramite i prestiti della RRF stimata in 122,6 miliardi.
Alle risorse vere e proprie del PNRR si assommano quelle del React EU, pari a 13 miliardi e quelle del Fondo Complementare paria 30,62 miliardi. Complessivamente 235,12 miliardi di euro. La prima missione, “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura”, stanzia 49,86 miliardi – di cui 40,32 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 8,74 miliardi dal Fondo.
Le stime sugli impatti del PNRR previste dal governo sono significative e riguarderanno le principali variabili macroeconomiche, l’inclusione sociale, lo sviluppo sostenibile e l’equità. In termini numerici si afferma che nel 2026, anno di conclusione del Piano il prodotto interno lordo sarà di almeno 3,6 per cento più alto rispetto all’andamento tendenziale e l’occupazione di quasi 3 punti percentuali. Inoltre, si prevedono significativi miglioramenti negli indicatori che misurano la povertà, le diseguaglianze di reddito e l’inclusione di genere, e un marcato calo del tasso di disoccupazione giovanile.
Il-pnrr-la-percezione-degli-italiani-e-gli-esport-come-si-misura-il-videogioco
Quello dell’eSport è un capitolo a parte perché quello dei giochi competitivi è un mercato che globalmente sta acquisendo sempre più popolarità ma in Italia fa più fatica che altrove. E infatti secondo Censis, il 58,5% degli italiani conosce o ha sentito parlare di esports, le competizioni di videogiochi. Tra loro, il 40,5% ne dà un giudizio positivo, mentre il 17,7% non li ama. Chi conosce il gaming competitivo lo ritiene una bella forma di intrattenimento (52,4%), un modo sano di competere (40,7%), uno strumento per sviluppare nuove competenze e capacità (36,7%), un volano per la relazionalità (29,1%). Per il 73,3% gli esports sono una esperienza originale, diversa dalle gare sportive tradizionali.
«È giunto il momento di accendere un cono di luce sul settore del gaming», ha detto Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis. «Non soltanto per il rilevante contributo economico e occupazionale dell’industria italiana dei videogiochi. Ma anche per le funzioni sociali che può svolgere, finora sottovalutate: dal supporto alla didattica nelle scuole allo sviluppo delle abilità cognitive dei giovanissimi. Gli italiani dimostrano in larga parte di esserne consapevoli, ora va svecchiata una certa narrazione stereotipata».
I videogiochi non sono soltanto entertainment, ma hanno e in prospettiva possono acquisire un valore sociale sempre più importante. A evidenziarlo è il primo rapporto “Il valore economico e sociale dei videogiochi in Italia”, realizzato da Censis in collaborazione con Iidea, l’Italian Interactive & Digital Entertainment Association, che rappresenta l’industria dei videogames in Italia. Tra i dati salienti del report c’è innanzitutto la fotografia del comparto su scala nazionale, che evidenzia per il 2020 un fatturato dalle vendite di videogames da 2,2 miliardi di euro, con un +21,9% rispetto al 2019. Guardando al futuro, lo studio prevede la possibile creazione di mille nuovi posti di lavoro qualificato per i giovani in cinque anni, che potrebbero arrivare come conseguenza degli investimenti che il Pnrr programmerà per il settore dei videogiochi. Quanto infine al valore sociale del comparto, dalle risposte degli intervistati si evince che, al di là del divertimento nel tempo libero, il gaming è utile per la divulgazione scientifica secondo il 59% del campione, ha una funzione terapeutica per alcune patologie (58%), è utile alla didattica nelle scuole (52%) e contribuisce allo sviluppo di nuove competenze (52%).
Secondo quanto previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), il settore sport avrà un miliardo di euro: ecco come lo impiegherà tra scuole, parchi e strutture sportive.
In Italia, il settore dei videogames conta oggi 160 imprese, un totale 1600 impiegati (in maggioranza under 36) e un fatturato di 90 milioni di euro. Numeri che, secondo la ricerca condotta dal Censis e Iidea, potrebbero crescere ulteriormente. Investendo nel gaming 45 milioni di euro in cinque anni – cioи la somma prevista dal Pnrr per il finanziamento delle piattaforme di servizi digitali per gli sviluppatori e le imprese culturali – il fatturato delle imprese italiane del settore salirebbe a 357 milioni di euro entro il 2026. Un aumento capace di portare, in soli cinque anni, circa 1.000 posti di lavoro qualificato per i giovani e di attivare complessivamente 360 milioni di euro di investimenti privati e 81 milioni di gettito fiscale aggiuntivo. Per questo motivo, spiega Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis “и giunto il momento di accendere un cono di luce sul settore del gaming”.
Investire il Pnrr anche nei videogiochi: se al gaming andassero parte delle risorse per i servizi digitali, si avrebbe una crescita di 1,7 miliardi di fatturato e 1.000 nuovi posti di lavoro in cinque anni
Raccontare il valore sociale ed economico dell’industria del gaming, accendendo un faro di luce su realtà e potenzialità del settore: ecco, in sintesi, l’obiettivo del lavoro fatto da IIDEA insieme al Censis sull’industria del Gaming, un settore che è un condensato di opportunità economiche, occupazionali, didattiche, che si colloca sulla frontiera più avanzata dell’innovazione. Sono i numeri e le esperienze a certificare che l’industria del gaming è una risorsa ancora da sfruttare appieno. La domanda da porsi è se stiamo sfruttando al meglio le sue potenzialità.
“L’espansione di un settore economico è un processo in parte spontaneo in parte esito di condizioni ambientali favorevoli che dipendono da scelte di policy in grado di stimolare, facilitare e accompagnarne lo sviluppo”, scrive il report ‘Il valore economico e sociale dei videogiochi in Italia’. “Sono aspetti che toccano da vicino l’industria italiana dei videogiochi che ha tutte le carte in regola per conoscere una stagione di notevole crescita”.
Ma di cosa ha bisogno il comparto? Quali policy pubbliche sarebbero necessarie per il suo decollo? A questo proposito la ricerca propone un confronto con quanto accade in altri paesi.
In conclusione possiamo, quindi, dire che l’avvio della misura è tuttavia subordinato al riconoscimento dell’eccezione all’Aiuto di Stato da parte della Commissione Europea, atteso per i prossimi mesi.
Una situazione davvero molto ‘povera’ in termini di risorse, se confrontata con gli oltre 600 milioni di euro stanziati dai Paesi prima citati, ma nondimeno sono primi segnali di un riconoscimento dell’industria dei videogiochi anche nel nostro Paese. In ogni caso, comunque, persistono criteri valutativi visibilmente starati rispetto alla realtà, come ad esempio la distinzione tra videogiochi ‘buoni’ di impronta narrativa (o con finalità educative e culturali) e videogiochi ‘cattivi’ con finalità commerciali. Una distinzione irrealistica, che tuttavia condiziona natura e tipologia degli interventi.
Per delineare uno scenario di più lungo periodo, teorico ma indicativo delle potenzialità complessive del settore e del suo effetto moltiplicativo sugli indicatori economici, si ipotizza la scelta di un boost molto robusto per il settore, con una cifra pari a quella prevista nel Pnrr per la voce finanziamento piattaforme di servizi digitali per gli sviluppatori e imprese culturali che è pari a 45 milioni per il periodo 2021-2026. Considerata l’esperienza inglese, che segnala un effetto moltiplicatore pari a 4 per ogni unità monetaria investita nel settore e un posto di lavoro creato per ogni 40.000 euro di investimento pubblico, nel 2026 il fatturato delle imprese del settore arriverebbe a 357 milioni. In cinque anni, il fatturato complessivo cumulato salirebbe a 1,7 miliardi di euro, +500 milioni in più rispetto all’assenza di investimento pubblico e l’incremento occupazionale sarebbe di circa 1.000 nuovi posti di lavoro, pari a un incremento del 70<% sui valori attuali.
Considerando invece il caso francese, dove per ogni euro di risorse pubbliche investito nel settore si ottengono 1,8 euro in più di gettito fiscale e 8 euro di investimenti privati, le risorse pubbliche farebbero da leva per investimenti privati fino a 360 milioni di euro ed il gettito fiscale beneficerebbe di +81 milioni di euro.
Una dinamica espansiva potenzialmente esponenziale, con ricadute socioeconomiche che, a questo stadio, sono una grande opportunità per l’Italia. Ecco allora che, al tempo del decollo con le risorse del Pnrr e di altre fonti, nella competizione tra settori un posto importante va dato anche al gaming, “perché dagli investimenti sul settore potrebbero discendere risultati significativi su fatturato, occupazione aggiuntiva qualificata, incremento del gettito fiscale e mobilitazione di risorse private. Un esito win-win possibile purché per l’industria del gaming si facciano le cose giuste al tempo giusto”.
Infine, si può concludere dicendo che investendo nel gaming 45 milioni di euro in cinque anni (la somma prevista dal Pnrr alla voce finanziamento delle piattaforme di servizi digitali per gli sviluppatori e le imprese culturali), il fatturato delle imprese italiane del settore salirebbe a 357 milioni di euro nel 2026. «Un intervento simile- si legge nel report - creerebbe nei cinque anni 1.000 posti di lavoro qualificato per i giovani, attiverebbe complessivamente 360 milioni di euro di investimenti privati e genererebbe 81 milioni di gettito fiscale aggiuntivo».
Pertanto possiamo dire che secondo le previsioni del Censis, investendo nel gaming 45 milioni di euro in cinque anni (la somma prevista dal Pnrr alla voce finanziamento delle piattaforme di servizi digitali per gli sviluppatori e le imprese culturali), il fatturato delle imprese italiane del settore salirebbe a 357 milioni di euro nel 2026.